Altro
che una auspicata candidatura per l'Unesco, com'è accaduto di recente alla
Villa Romana di Oppido Lucano o al centro storico di Craco vecchia, entrambi i
siti inclusi nel patrimonio dell'umanità. Dopo l'esecuzione di questi lavori la
Rabatana di Tursi, nota per la sua tipica bellezza paesaggistica e
architettonica dai tempi della Magna Grecia e soprattutto con l'insediamento
degli arabi Saraceni (IX sec.d.C.), rischia una incerta sopravvivenza. Non
eventi franosi naturali, non il terremoto, ma incredibili e inspiegabili
interventi di alterazione rischiano di danneggiare irreversibilmente il più
antico borgo di Tursi, ammesso che tutti siano in buona fede. D'altronde i
mezzi pregiudicano i fini.
Eppure
a guardare da lontano sembrerebbero accettabili le operazioni dispiegate, salvo
ricredersi appena si varca lo sguardo da vicino: lavori di cementificazione
assolutamente eccessivi (compresi i regi tratturi in selciato di pietra locale
antica), cemento armato in ogni dove (che potrebbe aggravare la situazione
statica del sito, come la trave sul terreno instabile sulle sottostanti grotte
in pietra), dubbi per la regimazione
delle acque piovane (che costituiscono il maggior rischio, anche secondo i
recenti studi del Cnr), incuranza sostanziale del rispetto architettonico
originario (con rimozioni e demolizioni incaute), loggiati in pietra moderna e
nuova pavimentazione sul belvedere del Piccicarello (con pietra squadrata
arenaria), onerosi ammassi di detriti e inerti a ridosso dell'ultima torre dei
resti del castello (di origine gotica del VI scolo d.C.), e si potrebbe
continuare.
Tutto
ha avuto inizio nel 2005 con un finanziamento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, "per il recupero e
riqualificazione del quartiere storico della Rabatana", sostenuto dall'allora
on. Gianfranco Blasi, promotore di una specifica proposta di legge in merito.
Dopo anni, nel 2008, la consegna del
progetto e l'appalto di una trance di euro 331.961,50 aggiudicati alla impresa
Mastroberti srl di Sant'Angelo Le Fratte (PZ), che li ha subappaltati a una
ditta di Colobraro. Dei locali sette tecnici diversi, tra geometri, architetti
e ingegneri (progettisti, direttori dei lavori e misura e contabilità), ci si
chiede, possibile mai che nessuno si sia accorto di nulla? I lavori eseguiti
sono realmente quelli previsti in origine dal progetto? Eventuali difformità
sono state rilevate, verificate e segnalate a chi di competenza? Tutte le
variazioni eventualmente apportate sono state anch'esse autorizzate dalla
Soprintendenza ai Beni ambientali? E perché i lavori sono adesso fermi?
Interrogativi che andrebbero dipanati, anche perché l'ex vice sindaco Vincenzo
Popia (2002-2007), tra i proprietari della struttura turistica "Palazzo dei
Poeti", non ricorda "di aver approvato una simile cantierizzazione, che intacca
la bellezza e l'integrità della Rabatana, da mettere subito in sicurezza totale
(dopo il decreto di sgombero della Regione Basilicata del 1972)". Analoga la
costernazione dell'arch. Francesco Di Gregorio: "Ormai, negli interventi
pubblici (anche il piazzale antistante adibito a parcheggi mostra già crepe
preoccupanti) occorrerebbero approcci interdisciplinari mirati e lungimiranti,
rispettosi della nostra storia".
Salvatore Verde
dal
quotidiano LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
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