Il mensile MEDIOEVO cita Tursi in una cartina dell'Italia
Comunale (1100-1250)
È da alcuni giorni in edicola il numero di ottobre del
mensile "MedioEvo. Un passato da riscoprire", direttore responsabile Pietro Boroli e direttore editoriale Andreas M. Steiner. La pubblicazione (anno 15, numero 19 - 177,
editore My Way Media di Milano) si avvale dei contributi di validi giornalisti,
ricercatori universitari pure giovani e noti accademici.
La fattura bilancia sempre
la chiarezza della sintesi divulgativa e il rigore scientifico dei testi, in
gran parte relativi ovviamente al periodo storico considerato, con un apparato
iconografico di prim'ordine, soprattutto disegni e fotografie, anche di opere
d'arte, oltre a mappe, piantine e schemi, del tutto coerenti con gli articoli presentati.
Come sempre, la rivista propone una
serie di approfondimenti tematici: Dossiere, Scoperte, Popoli, Personaggi, Tecnologia
(ma anche: Anteprima, Agenda del mese, Caleidoscopio).
La nostra attenzione è
stata attirata dalla sezione "Costume e Società", stavolta dedicata al fenomeno dell'inurbamento,
dal titolo "Nell'età dei comuni la città rende liberi" (pagg. 64-73) di Chiara Mercuri, dottore di ricerca in
Storia Medievale. Proprio lo scritto che descrive la rinascita dei Comuni ci ha
interessato maggiormente, giustificando adesso la nostra citazione. Infatti, a pagina 66 è in bella evidenza una
cartina geografica dell'Italia Comunale (1100-1250), in particolare il Regno
normanno di Sicilia (dal 1194 passato
agli Hohenstaufen), laddove la Basilicata è segnata unicamente da quattro
comuni, evidentemente i più importanti:
Melfi, Potenza, Matera e Tursi.
È noto l'incremento demografico tursitano, in
assoluto tra i più consistenti della regione, nei secoli successivi (1500-1650),
ma che avesse giocato un ruolo primario in piena epoca delle Crociate, ci
sembra una novità rilevante. Tale stato di cose riteniamo che vada comunque collegato
strettamente alla diocesi di Anglona (non a caso pure le altre tre città erano
tutte sedi di diocesi consolidate) e alle lotte, dopo l'anno Mille, per
l'affrancamento dal potere feudale, laico e religioso, da parte della nascente
cittadina (Tursi diventa Comune, una prima volta, già agli inizi del 1300).
Il
conflitto che ne scaturì durò a lungo e si concluderà con la totale distruzione
del castrum di Anglona e il
successivo trasferimento della cattedra vescovile nella vicinissima città di
Tursi, la quale raggiungerà soltanto dopo il massimo splendore. In sintesi, dallo
storico Tommaso Pedìo ("Per la storia del Mezzogiorno d'Italia
nell'età medievale", F.lli Montemurro Editori, Matera, 1964), riportato
anche da Rocco Bruno ("Storia di Tursi", Romeo Porfidio
Editore, Moliterno, PZ, 1989), si
apprende da un Cedolario del 1277 che in tale anno vivessero a Tursi all'incirca
1.440 abitanti, ovvero 240 fuochi (1 fuoco = 6 ab.), cosa già ragguardevole
dunque, mentre nel 1416 si passerà a
4.800, e l'elevata popolazione rimarrà stabile per oltre un secolo.
L'apice
ineguagliato è raggiunto nel 1561, quando si contano addirittura 10.788
abitanti (nel 1545 la diocesi di Anglona era stata definitivamente traslata a
Tursi), poi un calo verso la fine del secolo (1595: 8.400) e una crisi a picco
mai più registratasi fino a oggi: appena 2.280 abitanti nel 1669, per i postumi
della terribile peste del 1653. Nei secoli successivi il dato si stabilizzerà
intorno ai 3.500-4000, fino alla sensibile levitazione nel secondo dopoguerra del
Novecento (1950: 6.189), con l'attuale flessione (5.227 nel 2010).
Salvatore Cesareo
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