La
chiesa di San Teodoro
Chi avesse voglia di battere sentieri
inusuali ma non scomodi nell'agro di Tursi, consigliamo di recarsi in contrada
San Teodoro, nella zona di Ponte Masone, lungo la vecchia strada che porta
all'abitato del paese. Lo si può fare in qualsiasi periodo dell'anno, magari
approfittando delle belle giornate che consentono di scrutare l'orizzonte fino
alla foce del fiume Sinni nello Jonio, anche a bassa quota. Li attende una
piacevole sorpresa, come tante che ancora capitano agli avveduti escursionisti nel
territorio tursitano, ricchissimo di testimonianze storiche non tutte censite,
studiate e contestualizzate.
A meno di mezzo chilometro dalla strada
provinciale e ben visibile dal tratto interpoderale, si nota un umile
fabbricato in apparenza rurale, tutto imbiancato, contornato da ulivi piantati
nel dopoguerra. Dal modesto rilievo si domina l'incrocio di Ponte Masone, la
curva del torrente Pescogrosso, che volge verso il Sinni, e il vertice
collinare della Croce di Anglona, con il sottostante patrimonio lunare dei
calanchi argillosi. "Passava da lì, la deviazione della romana via Herculia,
che proseguiva per Heraclea, attraversando Pandosia, la colonia della Magna
Grecia, poi risorta come Anglona", ci sintetizza Gianluca Cappucci, giovane
tursitano, docente di Lettere in provincia di Treviso ed esperto di Storia
Romana. Con l'avvicinamento alla "casetta", utilizzata da alcuni decenni come
magazzino di attrezzi agricoli, l'attenzione viene rapita con immediatezza
dalla parte retrostante della nota chiesa di San Teodoro (sec.
XIII?), presto abbandonata per motivi sconosciuti.
La forma absidale è netta e senza possibili ambiguità, ben visibile e
ancora incastonata nella struttura, poco distante dal "paesaggio tipico e
antico della campagna locale, fatto di querce e macchia mediterranea", osserva
ancora Cappucci. È tempo di potatura e l'agricoltore Salvatore Di Noia prosegue
nel suo lavoro, quindi si ferma e con gentilezza e disponibilità totali ci fa
visitare quella che un tempo era, dunque, con certezza assoluta un luogo di culto.
L'interno è tutto modificato, dopo la ristrutturazione e il recupero
funzionale, con il tetto interamente ricostruito in legno e la parete sud totalmente
rifatta, mancando del tutto forse da secoli. Comunque sia, non ci sono dubbi, è
l'antichissima chiesa di San Teodoro (nome di origine greca, Theodoros, dono di
Dio), alla quale i massimi storici locali Antonio Nigro (Tursi, 1764 - 19
maggio 1854) e Rocco Bruno (Tursi, 5 gennaio 1939 - 6 gennaio 2009) hanno dedicato la sola citazione nelle opere
fondamentali sulla storia di Tursi.
Alcune tracce sono chiaramente visibili,
nonostante il degrado secolare e gli interventi dei nuovi proprietari per
renderla fruibile all'abbisogna. Ormai ridotta a rudere, la famigliia Di Noia (Salvatore, nato nel 1933, coniugato con Gaetanina Cospito, è figlio di Antonio Di Noia e di Teresa Virgilio) l'ha avuta,
assieme alla gran parte del terreno circostante, da Domenico Capitolo (Tursi, 02.4.1864 -14.6.1931), che li
aveva incitati all'acquisto. Capitolo era sposato con l'insegnante Maria Ayr,
detta Marietta (Tursi 26 giugno 1876 - Roma 26 aprile 1955), genitori di Guido (Tursi 05 settembre 1906 - Udine 09 gennaio 1960),
preside di scuole Superiori a Udine e scrittore, e del magistrato Manlio (Tursi,
28 novembre 1902 - Roma, 21 agosto 1954), illustre giurista e presidente
sia del Tribunale di Venezia, dopo la liberazione del 1945, sia del Tribunale
di Roma, fino alla morte prematura. Sia consentito un inciso, perché subito la
memoria evoca il "giudice poeta" Manlio Capitolo, immortalato in una struggente
lirica di Albino Pierro (Tursi, 19 novembre 1916 - Roma, 23 marzo 1995), grande
poeta e suo conterraneo; sembra, infatti, che proprio lui avesse firmato, tra
l'altro, uno dei primi decreti di archiviazione del famoso caso di cronaca nera,
nel processo per la morte di Wilma Montesi (Roma, 2 febbraio 1932 - Torvaianica,
9 aprile 1953), a carico del figlio di un notabile della DC di allora.
Il padre
e il nonno dell'attuale proprietario, Salvatore Di Noia, erano dirimpettai, in via Garibaldi, della
famiglia Capitolo nel rione San Filippo, oltre che persone di fiducia
dell'avvocato e notaio Capitolo, tanto da essere utilizzati come necessari
testimoni e firmatari di atti eseguiti nel frontale studio notarile, ubicato nella
casa del centro storico. Come sovente accade, e lo sosteniamo da sempre, non
esiste opera distruttiva per quanto perfetta, né dell'uomo e neppure della
natura, qualcosa sfugge al di là dell'intenzionalità degli uomini e della
casualità dei fattori atmosferici. Infatti, a ben scrutare oggi la chiesa di
San Teodoro, alcuni particolari si notano con chiarezza: la linea dell'ingresso
principale (rivolta verso Tursi); l'incipiente forma arcata della parete, che indica
la lamia della copertura; il rilievo del muro dell'entrata originaria; la
rientranza quadrangolare, dove ragionevolmente era collocata una effige
(affresco o quadro) oppure un altarino alterale; la conservazione dell'abside,
nonostante che il tutto sia ben intonacato.
A sorpresa, Di Noia, aggiunge in
modo confermativo due cose fondamentali e rivelatrici: durante i lavori di rifacimento
sono stati ritrovati i resti di una sepoltura umana, avvalorata dal cranio,
posizionata a sud, adiacente alla metà circa del muro mancante; la chiesa era
interamente costruita in pietra, "e non a mattoni", ci precisa, e aveva la
chiusura della volta ad arco. Se ne può dedurre che non si trattasse di una
cappella privata e che la sua costruzione sia davvero antica. È appena il caso
di ricordare che nel circostante pianoro denominato San Teodoro, appunto, a
metà del percorso tra la contrada san Lazzaro e l'area di Ponte Masone, è stata ritrovata nel Duemila
una (incerta) moneta di rame del XIV secolo con l'inscrizione
"Hierusalem", da noi analizzata solo in fotografia. Il reperto numismatico non
è ancora inequivocabilmente attribuibile, poiché resta da decifrare pure il
centro dell'altra facciata; in un ingrandimento, eseguito da Bianca Capone
Ferrari, tra i maggiori esperti di "domus" dei Templari in Italia, che ha
ipotizzato una "masone" (mansione-magione) in località Ponte Masone di Tursi, l'autorevole
studiosa "sembra di vedere un blasone
bipartito sormontato da una corona, con incisioni simmetriche nella parte
sinistra".
Non soltanto per tutto questo, il luogo merita una salutare
camminata e un incuriosito sopralluogo, che affascinerà di certo chi è aperto ai
piccoli e grandi misteri dell'amato paese, con le sue vicende storiche annebbiate
nel corso del tempo, ma non ancora perdute.
Verdiana C. Verde
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