LE
RICERCHE DELL'ETNOLOGO DE MARTINO ANCHE A TURSI NEGLI ANNI CINQUANTA
Tursi
- Per la prima volta si chiarisce in modo documentato un vecchio dubbio:
l'etnologo De Martino ha svolto le sue ricerche anche in territorio tursitano.
Nella postfazione al volume fotografico "Tursi Immagini di un secolo"
(Graficom, Matera, 2005), ad oggi l'ultimo libro del maggior storico tursitano Rocco Bruno, a pag. 103, tra le altre
cose scrivevo delle incipienti trasformazioni in atto a livello locale, "segni
di una mutazione realizzatasi a Tursi in forme non secondarie, se già negli
anni Cinquanta l'avanzata ibridazione socio-culturale e produttiva stimolò
altrove le ricerche scientifiche demo-etno-antropologiche di Ernesto De Martino (1908-1965), volendo
darci una plausibile spiegazione della mancata inclusione nelle sue indagini".
L'affermazione
si prestava a qualche ambiguità, che è bene chiarire. Ci si riferiva alla
sostanziale non considerazione dello specifico contributo emerso a Tursi
nell'esito del lavoro di indagine del grande antropologo napoletano, poi
sintetizzato in "Sud e magia" (stampato nel 1959 da Giangiacomo
Feltrinelli), non certo alla presenza
dell'illustre studioso nel territorio anche di Tursi, com'è ormai acclarato,
principalmente nella Rabatana, l'antico quartiere a forte caratterizzazione
arabo-saracena. Proprio verso gli abitanti dell'antico borgo tursitano e di
quelli di Tricarico, il fondatore della moderna etnologia italiana ha avuto una
particolare forma partecipativa emozionale, dopo l'evoluzione
politico-ideologica che dalla filosofia crociana lo portò sulle sponde
social-comuniste. Lo ha confermato con chiarezza inequivocabile Lia De Martino, la figlia maggiore
dell'antropologo e storico delle religioni, durante una intervista dell'attivo Pasquale Montesano, giornalista,
scrittore e poeta originario di Valsinni, riportato nel testo "Le Terre del
Silenzio". A una precisa domanda, infatti, lei ha risposto testualmente: "(Mio
padre) era un uomo molto aperto, critico, attento e autonomo. Sia nel caso di
Croce, che chiamava mio padre suo discepolo, sia quando divenne marxista. Lo
era nel suo spirito, lo spirito di quando incontrava gli uomini della Rabatana
di Tursi e di Tricarico. Uomini e situazioni che non potevano non avvicinarlo,
immergerlo sempre più nell'ideologia socialcomunista, tanto da fare militanza
attiva".
L'edizione
critica dei taccuini relativi alla spedizione del 1952 in Basilicata e Puglia
è stata curata da Clara Gallini e
riportata nelle due pubblicazioni Note di Campo (1995) e L'Opera
a cui lavoro (1996), entrambe per le edizioni Argo di Lecce, che
raccolgono le annotazioni di De Martino e i suoi collaboratori in quel viaggio
che aveva per oggetto la contemporanea raccolta del maggior numero di canti
popolari e di testimonianze relative a quanto allora veniva definito in termini
di "ciclo della vita" e di "magia". Un lavoro che, riordinato e selezionato
successivamente, confluirà in parte nella stesura di Sud e magia. I taccuini rappresentano, tra l'altro, uno strumento
importante di consultazione e di accesso a una mole cospicua di materiali
rimasti inaccessibili e "colmano una lacuna informativa anche rispetto alla
relativa scarsità delle nostre conoscenze sul folclore lucano", come ribadisce la Gallini. Una ricerca
estremamente partecipata dall'illustre etnologo, così come tutti i suoi viaggi,
e un'esperienza viva, intensa, vissuta in prima persona.
Proprio
alla fine degli anni Cinquanta (come fece nel 1959 l'immenso Luchino Visconti con alcuni suoi
stretti collaboratori a Pisticci, per la preparazione dell'immortale "Rocco
e i suoi fratelli"), l'impegnato fotografo di Matera Domenico Notarangelo ripercorreva
idealmente l'itinerario tursitano demartiniano, immortalando il rione Petto e
soprattutto la Rabatana,
allora molto popolata, e i suoi abitanti in splendide foto, "in realtà erano
diapositive a colori", ci dice l'autore, che, recentemente, ci ha fato dono di
oltre venti scatti da lui ritrovati nell'imponente archivio personale. Ne
emerge una Tursi diversa, fatta di gente anziana che staziona, come ancora fa
oggi, sulla scalinata della cattedrale, mentre le mogli vendono i prodotti
della terra, che loro stesse hanno contribuito a coltivare. All'acuto obiettivo
di Mimì Notarangelo non sfuggì la percezione di un mondo contadino cristallizzato
in una società rurale declinante e che non esiste(va) già più, privata anche
del senso mitico e del magico nella propria narrazione di comunità, come nel
caso aveva intuito il grande De Martino.
Salvatore Verde
Nota
bibliografica.
- Ernesto De Martino, Sud e
magia, sesta edizione Feltrinelli, 2007.
-
AA.VV., Magia e riti nella valle del Sinni di Pasquale Montesano, in Le terre del silenzio. Ricerche, studi e
documenti per la storia del Basso Sinni, edito dall'Associazione
culturale InLoco, Colobraro, 2006.
- Note di
Campo,
edizione critica a cura di Clara Gallini,
Ed. Argo, Lecce, 1995.
- L'opera a cui lavoro, apparato critico e documentario alla spedizione
etnologica in Lucania a cura di Clara
Gallino, Ed. Argo, Lecce, 1996.
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