Tursi
- Una dozzina di tombe medievali sono state scoperte proprio nei pressi del santuario di Santa Maria di Anglona,
sull'omonimo colle che si erge (a 263
metri s.l.m.) tra i fiumi Agri e Sinni, a metà della strada che collega
Policoro a Tursi (dal quale dista circa 10 chilometri). L'importante ritrovamento archeologico è venuto
alla luce durante i lavori che, dallo scorso aprile, l'impresa di Antonio Ferrara per la Tecnav di Matera sta effettuando finalizzati alla riqualificazione
dell'attuale canonica, in passato anche episcopio (progetto cofinanziato dall'Unione Europea, programma operativo della Regione Basilicata 2000-2006, misura 2°.1 sezione A, direttore dei lavori ing. Vincenzo Ragazzo e arch. Giuseppe Policarpo, per un importo di 350.000,00 euro). Gli alloggi ospiteranno al
meglio lo stesso rettore (con i suoi collaboratori) del santuario della Madonna
di Anglona (taluni ritengono dedicato alla natività di Maria), monumento
nazionale dal 1931 e Pontificia Basilica Minore dal 1999, per volontà di papa Giovanni Paolo II.
La notoria ricchezza
storica del sito, tra i più significativi del meridione d'Italia, aveva
suggerito già dall'inizio dell'intervento (per liberare il caseggiato
dall'umidità con la regimazione dell'acqua piovana), la costante e zelante
assistenza degli archeologi, tra i quali Ada
Preite. Gli stessi esperti hanno imposto una cauta modalità operativa,
adeguata alla previsione e al valore dei reperti antichi poi effettivamente
ritrovati tra settembre e ottobre. Il delicato scavo ha movimentato a mano e
con setacci oltre 60 metri cubi di terra. A sud del
caseggiato e relativamente in superficie, sette tombe erano intatte altre risultavano incomplete (una
sepoltura era al lato nord), con molti oggetti recuperati, tra i quali: un
ornamento della preziosa ambra; pugnale e coltello; vasi intatti e molti pezzi
in terracotta, anche colorati in nero; una conchiglia a pettine lavorato e una statuetta con il
volto femminile; una moneta sui resti ossei e numerosi altri pezzi di ossa;
inoltre, curiosamente, cinque uova di media grandezza e ben conservate
(probabilmente di colombacci d'epoca, in funzione simbolica?). Tutto il
materiale è stato ovviamente messo in sicurezza presso il Museo nazionale La Siritide di Policoro dove, a cura del direttore Salvatore Bianco, si effettueranno gli
studi di approfondimento e di esatta datazione.
Il
pianoro collinare interessato è lo stesso frequentato dal secondo dopoguerra in
poi da schiere di archeologi di diverse nazionalità dell'Europa e dove gli
studiosi ritengono che si trovasse la magnifica Pandosia, colonia della Magna
Grecia lucana, poi misteriosamente scomparsa, lasciando solo i resti di
fortificazioni, ma sono continui i rinvenimenti di necropoli con ricchi corredi
(già dell'VIII sec. a.C.) e gli insediamenti abitativi stratificati (esposto
anche a prelievi abusivi, il luogo necessiterebbe di adeguati controlli).
Nell'adiacente e sottostante territorio, inoltre, sarebbe avvenuta le
sanguinosa battaglia del console romano Valerio Lavino e l'esercito di Pirro in
appoggio ai Tarantini (280 a.C.), oltre alle operazioni
militari di Annibale (214 a.C., durante la Seconda Guerra Punica) e il passaggio (nel 71 a.C. con una battaglia?) di
Spartacus che osò ribellarsi a Roma. Strategica sede della diocesi millenaria,
Anglona (la prima citazione del nome, etimologicamente incerto, risale al 747
d.C.) è stato un castro distrutto (non è chiaro ad opera di chi) verso il 1300
(o da un incendio del 1369). Da allora, solo lo stupendo santuario del secolo
XI, di architettura normanno-bizantina, più volte ristrutturato, e con un ciclo
di affreschi di prim'ordine del XIII sec., oggetto pure di convegnistica
mondiale, ha resistito alle diverse dominazioni succedutesi, imponendosi sempre
come luogo di culto di straordinaria fascinazione e ricca miniera culturale di
reperti, fino ai giorni nostri.
Salvatore
Verde
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